Nuove scoperte speleologiche nel Fontanone di Goriuda
Dopo l’emozionante, e gratificante, esperienza delle Risorgiva del Monte Sart, in Val Resia, gli speleosub del Club Alpinistico Triestino hanno avviato un programma esplorativo rivolto alle numerose risorgive carsiche, della nostra Regione, che non sono ancora state completamente investigate e topografate. Tra queste, in ordine prioritario, c’era il Fontanone di Goriuda. A partire da gennaio 2008, una mezza dozzina di uscite preliminari hanno permesso ai nostri speleosub di avanzare nelle esplorazioni del mitico Fontanone, storico grottone che si apre, in parete, sul fianco orografico sinistro della Val Raccolana (Chiusaforte), all’altezza del cosiddetto “Pian della Sega”. Dalla fine degli anni ‘70, e fino al 2007, tutte le esplorazioni speleosubacquee, che si sono succedute in questa grotta (che porta il n. 1 del Catasto grotte del Friuli), si sono fermate davanti all’algido laghetto che immette nel terzo sifone interno. Il problema più importante che l’esploratore si trova ad affrontare, in questo ambiente estremo, è rappresentato dalla bassissima temperatura dell’acqua (che si attesta sui 2 gradi), e dalla difficoltà di trasportare le ingombranti attrezzature speleosubacquee, attraverso tutta la grotta e lungo i due sifoni, per raggiungere l’attuale limite esplorato. Il primo sifone (lungo 120 metri), che si sviluppa orizzontalmente con una bella e comoda galleria, immette in un ambiente caratterizzato da un grande dosso roccioso che bisogna superare, in ripida salita, e poi ridiscendere, lungo un canalino, per poter accedere al secondo sifone. Questo nuovo tratto sommerso sprofonda per una ventina di metri e, dopo un breve percorso orizzontale, risale in superficie facendo affiorare gli esploratori in una caverna di comode dimensioni, con tanto di spiaggetta. In totale, questa galleria, ha uno sviluppo di 60 metri.
Usciti dal secondo sifone, gli speleosub devono ancora superare, in arrampicata, una parete di una quindicina di metri e, una volta giunti sulla sommità, percorrere una galleria che, dopo 50 metri, si esaurisce davanti allo specchio d’acqua del terzo sifone. Da qui, si partiva per indagare la zona inesplorata… Anche noi, partendo da questo punto, abbiamo iniziato le nuove ricerche speleosubacquee. Nel 2007, tre tentativi estivi, confidando nella scarsa piovosità del mese di agosto, sono stati, invece, funestati da improvvisi e violenti temporali che hanno sconvolto il campo base, lesionato le corde lasciate sulla risalita del secondo sifone e sparpagliato le attrezzature per tutta le grotta. Nemmeno le cinture con i piombi erano rimaste al loro posto. Una intera giornata venne impiegata soltanto per recuperare, nei posti più impensabili, corde, moschettoni, pinne, maschere, bombole, ecc.. Molta di questa attrezzatura si rivelò, in seguito, inservibile. Si decise, a quel punto, che il rischio non valeva la candela e che le prossime esplorazioni si sarebbero svolte in pieno inverno, quando il freddo l’avrebbe fatta da padrone e il pericolo di piene si fosse ridotto quasi del tutto. Attendemmo pazientemente che l’inverno prendesse possesso della valle e iniziammo a organizzare le prime uscite a partire dai primi giorni di gennaio 2008. Fortunatamente faceva molto freddo ma, erano mancate le copiose nevicate così, il sentiero che porta alla grotta era percorribile senza ricorrere ai ramponi o alle racchette da neve. Le condizioni del tempo (e della grotta) erano, finalmente, ideali. Nonostante fossimo tutti impazienti di affrontare l’incognita del terzo sifone, decidemmo di impiegare almeno sei uscite (pari a sei fine settimana), per mettere in sicurezza tutta la grotta; sia dal punto di vista logistico che da quello esplorativo. Provvedemmo, in questo lasso di tempo, a sostituite le vecchie sagole guida all’interno e all’esterno dei due sifoni, stendemmo la linea telefonica dall’ingresso al terzo sifone – per un totale di circa 500 metri -, attrezzammo con gradini di ferro e con teleferiche, i due tratti aerei compresi tra i due sifoni e allestimmo un campo base avanzato, con ponti di acciaio, all’ingresso del primo sifone. Lavori che ritenevamo (e riteniamo tuttora) utili (se non necessari), per agevolare e rendere più sicura la progressione dei nostri speleosub all’interno della massa calcarea del monte Canin. Nel contempo, iniziammo a stendere un nuovo rilievo, questa volta completo in ogni sua parte, visto che il precedente era piuttosto carente e mancava della planimetria. A completezza dell’indagine scientifica e divulgativa, abbiamo raccolto campioni d’acqua in diversi punti della grotta e abbiamo creato una corposa documentazione video - fotografica grazie anche alla collaborazione con i tecnici video-operatori dell’Associazione “Acheloos” di Monreale Valcellina (PN), che si sono messi a nostra disposizione per quanto riguarda le riprese subacquee. Il video sulle esplorazioni del Goriuda verrà presentato al IV Congrès International de Spéléo Plongée che avrà luogo, negli ultimi giorni di maggio, in Francia. Con il materiale prodotto, inoltre, verrà data alle stampe una pubblicazione che raccoglierà i contributi derivanti dai risultati esplorativi, scientifici, storici e folkloristici. Non dimentichiamo che, per la tradizione locale, in questa grotta viveva un orco e che il suo nome “Goriuda”, probabilmente, fa riferimento ai “Guriuz” nani trogloditi delle leggende friulane. A questo proposito, visto che stavamo entrando in casa altrui, Duilio Cobol venne incaricato di lasciare, all’esterno del terzo sifone, un messaggio ai padroni di casa, chiedendo loro il permesso di continuare le esplorazioni…
In un primo momento, pensammo che il permesso ci fosse stato negato, perché l’esplorazione decisiva, che doveva portare due squadre di speleosub oltre il terzo sifone non dette il successo sperato. Il sifone, infatti, chiudeva con ambienti ritenuti impraticabili dall’uomo, sia in profondità (dopo 28 metri), che in sviluppo (dopo 15 metri). Mentre la prima squadra di esploratori provvedeva al rilievo topografico del sifone terminale, l’altra si concentrò su delle finestre che si aprono sopra il secondo sifone e sul soffitto della galleria che conduce al terzo. In quella fortunata occasione, è stata scoperta una nuova prosecuzione che si trova al di sopra del secondo sifone. In parete, a una altezza di una ventina di metri, che sono stati risaliti adottando le tecniche di arrampicata artificiale, una comoda galleria si inoltra nelle viscere del monte. Raggiunto il limite massimo, consentito dall’attrezzatura disponibile in quel momento, si è presentato, agli occhi degli increduli esploratori, un ampio portale che immette in un ambiente talmente vasto che, i potenti fasci di luce, non sono riusciti a illuminare. I limiti dello spazio vuoto, determinati dalle pareti e dal soffitto, ci sono ancora sconosciuti. Da questo affascinante ingresso nel regno dei Goriuz, riprenderemo le future spedizioni. I risultati sopra descritti si devono soprattutto alla tenacia dei “Serpengatti” (così sono definiti gli uomini della Sezione Speleosubacquea del CAT), Paolo Alberti, Duilio Cobol, Ernesto Giurgevich, Lorenzo Lucia, Gianfranco Manià, Luciano Russo, Denis Zanette e alla collaborazione di almeno una dozzina di soci del CAT che hanno garantito una costante copertura logistica agli esploratori. Ci piace, qui, ringraziare alcuni amici, affiliati ad altri gruppi della Federazione Speleologica Regionale del Friuli Venezia Giulia (Gruppo Speleologico Monfalconese “Amici del Fante”, Gruppo Speleologico Sacile e Gruppo Speleologico San Giusto), che hanno contribuito, con il loro disinteressato aiuto, affinché raggiungessimo questo gratificante risultato. I successi delle nostre esplorazioni sono anche loro. Un particolare “Grazie” ai gestori dell’Agriturismo “Campo Base” di Pian della Sega (Chiusaforte), Daniele, Serafina e Alessandro per averci consentito di usare (ma sarebbe più corretto dire “abusare”) della loro azienda che per diversi fine settimana, abbiamo trasformato in un campo base speleologico.
Franco Gherlizza