Siamo solo in sei. Sei partecipanti a questa gita speleologica. Speriamo possa rivelarsi entusiasmante.
Il ritrovo è alle 10.10 in via Conti. Partiamo con due auto. Arriviamo in zona San Pelagio e parcheggiamo presso la stazione di Aurisina. Il sole è debole, quasi sbrilluccica; sono poche le nuvole; fa caldo. La grotta che abbiamo scelto per la nostra gita, la Grotta della Fornace (o Grotta degli Austriaci) è una cavità che non presenta difficoltà particolari, è semplice e accessibile anche ai poco esperti. Si può per questo consigliare a chi ha appena terminato un corso di “Introduzione alla Speleologia” e vuole testare piacevolmente e rilassatamente le suo nuove capacità. La grotta, inoltre, presenta una buona quantità di interessanti fenomeni carsici. Nessuno dei partecipanti era mai stato alla Fornace in precedenza; per questo nessuno di noi sa esattamente dove sia. Abbiamo ricevuto varie indicazioni diverse sull’ubicazione dell’accesso, ma nonostante ciò perdiamo gran parte del tempo in una rocambolesca camminata di riscaldamento nella boscaglia. Mazze di tamburo appena cresciute, foglie secche, rovi. Cani che abbaiano, rocce carsiche erose dall’acqua. Presto, però, arriviamo all’ingresso. Ora possiamo dire con certezza come arrivare alla grotta: arrivati al passaggio a livello della stazione di Aurisina prendere la seconda stradina sulla destra. Proseguire fino al cancello in fondo alla strada e seguire il sentiero segnato (in rosso) sulla destra che vi porterà alla grotta. Indicazione ulteriore: la grotta si trova sotto un pilo della corrente e da lì si può ammirare uno splendido panorama. Alcuni di noi sei furono fortemente intimoriti da indistinte voci riguardo a una temibile strettoia, che solamente pochi uomini coraggiosi e magri avrebbero potuto superare. Tuttavia la cosa non ci spaventa più di tanto e ci vestiamo per la discesa. Caschetto, tuta, imbrago, sacchi gialli, discensore … eccetera.
Guido e Gianfranco “armano”, mentre gli altri si preparano a scendere. L’avventura è appena cominciata. Sergio e Michele scendono in velocità. Gli ultimi due, i più inesperti del gruppo, Federica e Federico hanno i loro tempi. Ma con un gioco di gambe e un arrovellarsi continuo tutti gli avventurosi partecipanti riescono a superare l’insidioso pozzo d’accesso. Ci troviamo a un bivio, fra i due rami di prosecuzione della grotta. Uno è diretto ad ovest, l’altro ad est. Sappiamo che il ramo ad est è quello più corto. Quindi decidiamo di percorrerlo per primo e di riservarci la seconda parte per dopo. E’ una camminata piacevole … subito Gianfranco fa una sensazionale scoperta: trova dei vecchi reperti d’homo sapiens sapiens … pile usurate e moschettoni arrugginiti.
Raggiungiamo un ampio “salone”. Un cimitero di concrezioni calcitiche si presenta davanti ai nostri occhi; sono spezzate, distrutte, opache, ma ciò non ci scoraggia e alziamo gli occhi verso l’alto. Fortunatamente questo “genocidio” geologico ci permette di ammirare delle splendide sezioni di stalattite sulla meravigliosa volta sopra le nostre teste. Spettacolare stillicidio bruno. Uno potrebbe considerare delle stalattiti come qualcosa di “già visto” all’interno di una grotta, ma il fatto che le grandi stalattiti siano distrutte e spezzate ci permette di ammirare tutto il loro splendore. Carsismo, frammenti lucenti, acqua pura.
Torniamo indietro, passiamo nuovamente per il bivio e iniziamo la discesa verso il ramo ad ovest. La temuta strettoia si avvicina, ma i nostri cuori impavidi ci portano comunque a proseguire. Andiamo avanti e superiamo qualche piccola e apparente difficoltà. Discese scivolose, buchi e quant’altro. Meravigliose calotte lucide si trovano sparse in questa grotta, sembrano meduse arenate … le ammiriamo estasiati. Ma ecco che davanti ai nostri sguardi si fa presente la terribile strettoia. I visi di alcuni si fanno pallidi. Cominciamo a concentrarci … Ci passiamo i sacchi gialli e passiamo uno alla volta. Attraversiamo l’ardimentosa e insidiosa strettoia; è tanto stretta e la sensazione di claustrofobia nei più inesperti del gruppo non tarda a farsi sentire. Ma tutti riescono ad oltrepassarla senza troppi problemi … Ora siamo costretti a muoverci fino ad un frazionamento, che Guido prontamente pensa ad “armare”. Dopo una calata sulla corda arriviamo a quella che potremmo chiamare l’”ultima grande sala”. Nell’”ultima grande sala” notiamo: una falce e martello, risalenti a chissà quando … lunghe scritte in nero sulle pareti … graffiti. Una data ricorre sulle pareti frequentemente … 1963. E’ la data di quando la strettoia fu forzata per facilitarne il passaggio, la data di quando, durante un sopralluogo, furono individuate queste interessanti prosecuzioni del ramo ovest … la data di quando fu scoperta l’”ultima sala grande”.
Mangiamo lietamente i panini. Sergio scatta delle foto. Ma presto si avvicina il momento di tornare indietro. Risaliamo verso il frazionamento. Dopo aver riattraversato la strettoia, cominciamo a intravedere la luce dell’esterno … dobbiamo superare ancora un punto di ripida roccia scivolosa per raggiungere nuovamente il bivio, da dove effettueremo la salita in superficie. Siamo sani e salvi. Tutti e sei davvero soddisfatti. La gita si conclude allegramente all’osmiza "Na Púkinšči" di Malchina, fra oche e galline, fra Terrano e acqua, fra salumi e formaggi, in mezzo ai cin cin, fra grasse e allegre risate ...
Solivagus Rima