Premessa
Viene brevemente descritta la scoperta della cisterna sotterranea di un pozzo del 1200, che si credeva interrato nella prima metà del XIX secolo e del quale si erano perse le tracce. Il tutto in una centralissima piazza di Trieste.
Il ritrovamento
Illudersi, per un momento, di avere sotto ai propri piedi un tratto del settecentesco acquedotto Teresiano. Uno degli ultimi tronconi, forse collegato a quello terminale che portava l’acqua alla fontana detta dei Continenti (un’allegoria al Portofranco triestino, in stile tardo-barocco) collocata nel 1751 nella piazza principale di Trieste: la piazza Grande, oggi piazza Unità d’Italia.
La segnalazione ci è giunta, quasi per caso. Durante i lavori di ripristino e valorizzazione del giardino pubblico di piazza Hortis, era stato sollevato un pesante tombino di arenaria, scoprendo un cunicolo a sezione quadrata, visibilmente molto vecchio. Una rapida e superficiale ispezione da parte degli operai, infilando semplicemente la testa nell’apertura, aveva convinto l’ingegnere che dirigeva i lavori di trovarsi di fronte ad una galleria sotterranea che tagliava perpendicolarmente la piazza piegando, in direzione del mare, verso destra e invece, in direzione opposta, intersecandosi con un altro cunicolo.
Sulle basi di questi dati, la prima ipotesi da noi formulata è stata, appunto, quella di un tratto dell’acquedotto fatto costruire, a Trieste, dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria, nel 1749. Tanto più che alcune centinaia di metri più a monte, una decina di anni fa, era stato ritrovato un tratto di quell’acquedotto, purtroppo interrotto da una frana.
Entrati nel tombino, bastano pochi minuti per scoprire che il cunicolo finisce, dopo alcuni metri, in una cisterna circolare. L’illusione ottica, però, è spettacolare: stando sotto l’ingresso sembra effettivamente che si intersechi con un’altra galleria e, dalla parte opposta, pieghi verso destra.
Inquadramento storico
Nel periodo medioevale, Trieste era un borgo non tanto grande arrampicato lungo il fianco di una collina prospiciente il mare, mutamento - se così si può dire - della struttura urbana della vecchia Tergeste romana, a sua volta evoluzione di un castelliere (villaggio fortificato) sviluppatosi commercialmente, pare, nel corso del primo millennio avanti Cristo.
Il tratto di costa verso sud-ovest, fuori dal perimetro delle mura difensive (notevolmente più arretrato di quanto non sia oggi), ospitava vigne, frutteti, orti, campi coltivati, qualche casupola ed una serie di chiese e conventi. Tra questi ultimi, quello dei Padri Minoriti, con l’annessa chiesa di Santa Maria del Soccorso, detta di Sant’Antonio Vecchio.
Fondato nel 1229 (secondo la tradizione, da Sant’Antonio da Padova), il convento copriva, nella sua totalità, oltre metà dell’odierna piazza e conteneva, all’interno del suo chiostro, un pozzo d’acqua potabile.
Nel corso dei secoli, il convento fu partecipe attivo della Storia cittadina; questo fino al 1783, anno in cui, a seguito dell’entrata in vigore dei decreti emessi dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo (intesi a ridurre le proprietà immobiliari della Chiesa cattolica), venne soppresso. Tredici anni dopo, parte del convento, a fianco della chiesa, venne abbattuto per permettere il passaggio del prolungamento della strada che usciva da una delle porte della città, che si apriva poco distante, denominata Cavana. La porzione di fabbricato rimasta venne chiusa con tavole e muratura ed assegnata alla cancelleria vescovile.
Nel 1813, nel corso della terza ed ultima occupazione napoleonica, l’allora Intendente barone Angelo Calafati, già prefetto del dipartimento dell’Istria, dette il via ad un progetto generale di ristrutturazione urbana della fascia cittadina situata fuori della vecchia Porta Cavana. La ristrutturazione più importante prevedeva l’abbattimento dei resti fatiscenti del duecentesco convento dei Padri Minoriti e la creazione di una piazza recintata con alberi ed abbellita con una statua rappresentante Urania, dea dell’astronomia.
Fu conservato solo l’antico pozzo che venne così a trovarsi all’aperto.
Intitolata Lützen (nome di una città della Germania dove, nel 1811, i Francesi avevano riportato una strepitosa vittoria sui Prussiani), alla fine di quello stesso 1813, rientrati gli Austriaci a Trieste, il nome venne cambiato in Lipsia, a ricordo della vittoria riportata dalle armate confederate su Napoleone.
Nel corso di un periodo di particolare siccità - era il 1822 - il pozzo di piazza Lipsia fu ampliato e sormontato da un fontanone di forma ottagonale. Così rimase per quarantatré anni, fino a quando, cioè, non venne creato il giardino che esiste tuttora. Demolito il fontanone, il pozzo venne chiuso (non interrato, come si supponeva) a livello del suolo, con una cupola in mattoni sulla quale venne costruita una fontana decorativa con la statua di Minerva.
Circa settant’anni fa, la piazza cambiò nuovamente nome e si chiamò Attilio Hortis e la cisterna “scomparve” sotto l’aiuola che, ancora oggi, sorregge il busto marmoreo del letterato, bibliotecario e bibliofilo triestino.
Il cunicolo
Attraverso un tombino in arenaria si accede, abbastanza agevolmente in una gal- leria, di sezione quasi quadrata (alta 90 centimetri e larga 80), rivestita con blocchi di arenaria e con il pavimento ricoperto da uno strato molto compatto di terriccio. Il condotto, in origine, doveva piegare a destra e proseguire in direzione del mare; ma, in epoca più recente è stato chiuso con un muro di pietre e mattoni, probabilmente nel corso di qualche ristrutturazione stradale.
Dall’altra parte il cunicolo termina, con un archetto di rinforzo in mattoni, sul vano rotondo della cisterna.
La cisterna
Da due successive esplorazioni, effettuate da nostri speleosub, risulta che la cisterna, rivestita in laterizio, è ancora in ottimo stato di conservazione; misura alla bocca 2,5 metri (che, più sotto, si allargano a 4,5) ed arriva ad una profondità massima di 9, 5 metri (praticamente circa 5 metri sotto il livello del mare). Tuttora alimentata da una falda idrica naturale, essa contiene circa 100 metri cubi d’acqua dolce. Dal fondo, ricoperto da uno strato di sabbia di oltre mezzo metro (probabilmente usato, all’epoca, per depurare l’acqua), parte un palo in legno del diametro di un metro che sale fin quasi a due metri dalla superficie.
All’interno del manufatto esistono ancora i resti delle vecchie tubazioni per il pompaggio dell’acqua.
La cisterna è ricoperta da una cupola in mattoni che sorregge, all’esterno, una grande aiuola circolare al centro della quale poggia il basamento del busto in marmo del letterato triestino Attilio Hortis.